Don Mimmo Marrone, 35 anni da presbitero in un libro
Riflessioni e omelie del parroco di San Ferdinando Re
lunedì 19 aprile 2021
16.01
Don Mimmo Marrone, vicario episcopale della Zona pastorale detta per brevità della Forania, parroco di San Ferdinando Re, docente di Teologia morale, da trentacinque anni è prete. Fu ordinato presbitero il 19 aprile 1986. Per l'occasione, propone un e book: dal titolo significativo: "Pasqua, resistenza e memoria", Editrice Rotas, uscito pochi giorni fa, che è possibile leggere e scaricare sul suo sito internet www.mimmomarrone.it.
«Mai come oggi – egli dichiara - abbiamo bisogno di risorgere dentro e di ricominciare a sperare. Credere che la vita sia più forte della morte non perché la morte non faccia parte dell'esistenza, ma perché ci sono strade da percorrere e eventi da attraversare e sogni da realizzare e poi l'amore, che sopravvive anche quando si è perso tutto il resto.
Dobbiamo resistere perché "non c'è sepolcro la cui pietra non sia provvisoria sulla sua imboccatura. Anche le gramaglie più nere trascolorano negli abiti della gioia. Le rapsodie più tragiche accennano ai primi passi di danza. E gli ultimi accordi delle cantilene funebri contengono già i motivi festosi dell'alleluia pasquale" (don Tonino Bello).
Non è nel ritorno alla normalità ma nella resurrezione che dobbiamo sperare, se vogliamo davvero cambiare le cose. "Vivere partendo dalla Resurrezione: questo significa Pasqua", scriveva Dietrich Bonhoeffer. Gesù è colui che manca. Senza lo sgomento di questa mancanza non avremmo lo slancio per cercarlo con tutto noi stessi.
Tocca porgere l'orecchio al sussurro della resurrezione che emerge gradualmente, la cui eventuale forza e verità è veicolata dalla meraviglia e dalla profondità della vita che vince la morte, del mondo che si rigenera dopo il periodo buio del freddo e della paura.
È il momento in cui abbiamo bisogno di gridare, battendo i piedi, la nostra avversione per la tenebra e per la morte, guardando al futuro con un certo ottimismo».
«Mai come oggi – egli dichiara - abbiamo bisogno di risorgere dentro e di ricominciare a sperare. Credere che la vita sia più forte della morte non perché la morte non faccia parte dell'esistenza, ma perché ci sono strade da percorrere e eventi da attraversare e sogni da realizzare e poi l'amore, che sopravvive anche quando si è perso tutto il resto.
Dobbiamo resistere perché "non c'è sepolcro la cui pietra non sia provvisoria sulla sua imboccatura. Anche le gramaglie più nere trascolorano negli abiti della gioia. Le rapsodie più tragiche accennano ai primi passi di danza. E gli ultimi accordi delle cantilene funebri contengono già i motivi festosi dell'alleluia pasquale" (don Tonino Bello).
Non è nel ritorno alla normalità ma nella resurrezione che dobbiamo sperare, se vogliamo davvero cambiare le cose. "Vivere partendo dalla Resurrezione: questo significa Pasqua", scriveva Dietrich Bonhoeffer. Gesù è colui che manca. Senza lo sgomento di questa mancanza non avremmo lo slancio per cercarlo con tutto noi stessi.
Tocca porgere l'orecchio al sussurro della resurrezione che emerge gradualmente, la cui eventuale forza e verità è veicolata dalla meraviglia e dalla profondità della vita che vince la morte, del mondo che si rigenera dopo il periodo buio del freddo e della paura.
È il momento in cui abbiamo bisogno di gridare, battendo i piedi, la nostra avversione per la tenebra e per la morte, guardando al futuro con un certo ottimismo».