Eventi e cultura
“A càs cumenn je!”, risate assicurate con Stefanuccio, Rosetta e la nonnina
Ottimi riscontri per la commedia in vernacolo sanferdinandese
San Ferdinando - martedì 12 marzo 2024
11.46
"A càs cumenn je!", questo il titolo della commedia che ha fatto divertire centinaia di sanferdinandesi e tutti coloro che hanno deciso di confrontarsi con uno spettacolo diverso dal solito in cui regna sovrana la lingua in vernacolo sanferdinandese.
Una commedia messa in scena dalla compagnia teatrale Amici per caso, diretta da Tommaso Parisi (scritta dallo stesso) e da M. Grazia Nardi con le musiche di Domenico Russo.
La commedia è stata messa in scena ben 4 volte, nei fine settimana di sabato 17 e 24 febbraio, 3 e 9 marzo. Ad accogliere lo spettacolo l'Auditorium "Michele Dell'Aquila".
La commedia teatrale si è composta di due atti. Il primo nel quale Stefanuccio - un "ragazzo" ormai non più così ragazzo che vive ancora con il padre e campa con il reddito di cittadinanza, che non ha come passione quella del lavoro – viene invogliato dai suoi amici agricoltori a sistemarsi una volta per tutte, trovandosi quindi una donna da sposare per poter mettere su famiglia, così da rendere felice anche il padre. Dopo aver conosciuto una ragazza romena – che rispetto a lui è un'ottima lavoratrice – viene però indirizzato dagli stessi amici verso un'altra donna – Rosetta – anche lei dedita al lavoro. Rosetta però lavora per conto "du precamurt", un lavoro che non risulta molto avvincente per Stefanuccio. Alla fine, però, Rosetta diventerà sua moglie e Stefanuccio finirà con il diventare il custode della casa, del loro figlioletto e della nonna di Rosetta, della cui pensione Stefanuccio usufruisce.
Nel secondo atto Stefanuccio mostra al pubblico i "faccend dumestch" che lo impegnano tutta la giornata che lo portano a diventare un casalingo: tra u "piccnin ka kieng", "a nonnin ka schepp", "i robb da lavé e da stré", "u vicin ka non s fac i fatt soj" e alla fine "por lo zi ka s'nsrisc in da famigj".
Una commedia che ha strappato più di una risata a tutti, anche a coloro che – per via di un dialetto particolarmente stretto – non sono riusciti a comprendere a pieno tutte le parole. Ma gli attori, pur non essendo dei professionisti, sono riusciti – laddove le parole risultavano inevitabilmente incomprensibili – a rendere ugualmente comprensibile la scena descritta attraverso gesti ed espressioni facciali tipiche di chi l'attore lo fa per lavoro.
Una commedia messa in scena dalla compagnia teatrale Amici per caso, diretta da Tommaso Parisi (scritta dallo stesso) e da M. Grazia Nardi con le musiche di Domenico Russo.
La commedia è stata messa in scena ben 4 volte, nei fine settimana di sabato 17 e 24 febbraio, 3 e 9 marzo. Ad accogliere lo spettacolo l'Auditorium "Michele Dell'Aquila".
La commedia teatrale si è composta di due atti. Il primo nel quale Stefanuccio - un "ragazzo" ormai non più così ragazzo che vive ancora con il padre e campa con il reddito di cittadinanza, che non ha come passione quella del lavoro – viene invogliato dai suoi amici agricoltori a sistemarsi una volta per tutte, trovandosi quindi una donna da sposare per poter mettere su famiglia, così da rendere felice anche il padre. Dopo aver conosciuto una ragazza romena – che rispetto a lui è un'ottima lavoratrice – viene però indirizzato dagli stessi amici verso un'altra donna – Rosetta – anche lei dedita al lavoro. Rosetta però lavora per conto "du precamurt", un lavoro che non risulta molto avvincente per Stefanuccio. Alla fine, però, Rosetta diventerà sua moglie e Stefanuccio finirà con il diventare il custode della casa, del loro figlioletto e della nonna di Rosetta, della cui pensione Stefanuccio usufruisce.
Nel secondo atto Stefanuccio mostra al pubblico i "faccend dumestch" che lo impegnano tutta la giornata che lo portano a diventare un casalingo: tra u "piccnin ka kieng", "a nonnin ka schepp", "i robb da lavé e da stré", "u vicin ka non s fac i fatt soj" e alla fine "por lo zi ka s'nsrisc in da famigj".
Una commedia che ha strappato più di una risata a tutti, anche a coloro che – per via di un dialetto particolarmente stretto – non sono riusciti a comprendere a pieno tutte le parole. Ma gli attori, pur non essendo dei professionisti, sono riusciti – laddove le parole risultavano inevitabilmente incomprensibili – a rendere ugualmente comprensibile la scena descritta attraverso gesti ed espressioni facciali tipiche di chi l'attore lo fa per lavoro.