Comunitò Sacro Cuore di Gesù. <span>Foto Anna Verzicco</span>
Comunitò Sacro Cuore di Gesù. Foto Anna Verzicco
Religioni

Il ritorno di Don Dawood dal Pakistan a San Ferdinando di Puglia

Una testimonianza di fede e di realtà sconvolgenti

"Sono molto contento di appartenere alla Chiesa del Pakistan": questa una delle prime affermazioni di Don Dawood Akhter, sacerdote pakistano che ha soggiornato per ben cinque anni in Italia, trascorrendo diversi mesi nella Parrocchia del Sacro Cuore di Gesù, a San Ferdinando di Puglia. Dopo quasi un anno dal ritorno nella sua terra natìa, fa ritorno a San Ferdinando di Puglia accolto dai tanti sorrisi e dalla gioia dei parrocchiani sanferdinandesi.

"Ho studiato a Roma per ben 5 anni: per i primi 3 ho studiato teologia e gli ultimi 2 anni ho conseguito una specializzazione, precisamente una licenza in teologia dogmatica. L'anno scorso sono tornato nel mio paese – nel Pakistan - e sono stato ordinato prete il 7 settembre 2023. Dopo sono stato nominato vice rettore del Seminario Minore della diocesi per alcuni mesi e successivamente sono stato mandato in un'altra diocesi per lavorare come professore di teologia dogmatica nel Seminario Nazionale del Pakistan (seminario nazionale di teologia del paese), ruolo che ricopro tutt'ora" – si racconta don Davide.

Vivere la propria fede cristiana nella terra natìa

"Sono molto contento di appartenere alla Chiesa del Pakistan, la nostra Chiesa è piccola, giovane rispetto alle altre Chiese, soprattutto rispetto a quelle dei paesi europei del mondo occidentale. Il Cristianesimo è arrivato nel Pakistan grazie al lavoro dei missionari, soprattutto gesuiti che hanno iniziato a lavorare nel 1500/1600 e oggi quest' albero sta crescendo nonostante i diversi problemi. Tra i tanti c'è quello economico - molto presente – e il paese è sempre mal governato. Fra l'altro per i cristiani c'è un altro problema, con cui convivono ormai da tanti anni: quello del fondamentalismo islamico, perché nel nostro paese predominano i musulmani – continua don Dawood - quindi un paese in cui il 96% è composto da musulmani e il 4% è dalle altre minoranze in cui il Cristianesimo ricopre il 3%. Per questo noi siamo sempre perseguitati" – spiega con chiarezza il sacerdote pakistano.

Proteggere la vita degli altri sacrificando la propria

"Quando stavo nel Seminario Maggiore la mia Chiesa parrocchiale è stata bombardata dai musulmani - sono stati due terroristi che volevano entrare nella Chiesa – però un ragazzo cristiano che svolgeva il suo servizio di sicurezza - attraverso il quale garantiva agli altri cristiani una celebrazione del culto in tranquillità - ha abbracciato quel terrorista e lo ha bloccato, non dandogli così la possibilità di entrare in Chiesa e questo ha limitato i danni – spiega don Dawood. Quel ragazzo ha subito il martirio insieme ad altri ragazzi che svolgevano il servizio con lui, ha avuto il coraggio di bloccare quel terrorista pur sapendo ciò che nascondeva nella sua giacca. Per questo la Chiesa ha riconosciuto il suo coraggio nell'offrire la propria vita per salvare quella degli altri. Ora lui è un servo di Dio e stiamo pregando affinché diventi il santo martire del Paese, ufficialmente riconosciuto dalla Chiesa Cattolica".

Una fede che sconfina la paura

"Le nostre Chiese sono sempre piene nonostante chi le frequenti ha la consapevolezza che questa venuta nella Chiesa potrebbe essere l'ultima nella loro vita" – continua don Davide - perché noi non sappiamo quando e in che modo i musulmani ci attaccheranno". Conclude il sacerdote del Pakistan riferendosi ai numeri in crescita nei seminari del suo Paese: "Per quanto riguarda il clero del Paese, noi non abbiamo avuto sempre un gran numero di persone che offrono la loro vita per diventare sacerdoti o religiosi. Ma da un po' abbiamo un aumento nelle vocazioni, sia alla vita religiosa che al sacerdozio diocesano. Quindi i nostri seminari sono sempre pieni, ci sono sempre tanti ragazzi che stanno lì ad offrire la propria vita per migliorare la situazione dei cristiani".
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